Le microalghe nel settore dei biocombustibili. Sviluppo e sostenibilità


Gli attuali sistemi energetici non solo esercitano pressioni sulle risorse ormai in via di esaurimento ma comportano anche un incremento delle emissioni di gas climalteranti. Dopo lo sviluppo dei biocarburanti di prima e seconda generazione, crescente attenzione è ora rivolta verso le tecnologie di terza generazione, che utilizzano le microalghe (caratterizzate da un elevato contenuto lipidico, una alta resa in olio e in biodiesel, un contenuto uso del suolo) come materie prime. Trattasi di tecnologie sviluppate solo in impianti pilota (in vasche o fotobioreattori), con elevati costi di investimento, ma si prevede che nel medio-lungo termine, con la produzione congiunta di altri co-prodotti (prodotti farmaceutici e nutraceutici, additivi per mangimi animali, bioplastiche ecc.) e l’integrazione con altri processi (quali il recupero dei gas di scarico e il trattamento delle acque reflue), la produzione di biodiesel da microalghe, oltre che sostenibile, potrebbe diventare una soluzione economicamente percorribile.

Le microalghe sono microrganismi presenti in tutti gli ecosistemi della terra, in grado di adattarsi a diverse condizioni ambientali. Grazie alla presenza di clorofilla, esse assorbono la luce del sole e assimilano la CO2 dall’aria e i nutrienti dagli habitat acquatici per poi produrre lipidi, proteine e carboidrati. Dalla successiva trasformazione di queste molecole è possibile ottenere diversi prodotti che trovano diversa collocazione sul mercato: biocarburanti (bioetanolo, biodiesel, bio-olio), prodotti farmaceutici, alimenti e mangimi. Bisogna comunque sottolineare che attualmente la produzione di microalghe per fini energetici avviene in impianti pilota (in vasche da 10 m fino ad impianti da 2 ha), mentre la produzione di alghe da destinare ai settori di nicchia (alimenti salutistici e dietetici, prodotti farmaceutici, cosmetici) è pari a una decina di migliaia di tonnellate annue.
Il processo produttivo
Il termine alghe comprende le macroalghe (alghe marine) e un vasto e diversificato gruppo di microrganismi conosciuti come microalghe. Poiché la resa in olio delle macroalghe è attualmente meno vantaggiosa, in questo studio si farà riferimento alle microalghe. Questi microrganismi fotosintetici, grazie alla loro semplice struttura, sono in grado di crescere rapidamente e vivere in diverse condizioni ambientali, sia acquatiche che sub-areali. Esistono più di 50.000 specie di microalghe, raggruppabili in procariote (Cyanobacteria), eucariote (Chlorophyta) e diatomee (Bacillariopyta), caratterizzate da un contenuto lipidico che varia dal 20 al 70% e in determinate condizioni alcune specie possono raggiungere anche il 90% (tabella 1).

Per quanto riguarda la resa in olio, le microalghe mostrano valori più elevati rispetto ad altre colture oleaginose (circa 59.000-137.000 L/ha, a seconda del contenuto lipidico). Dalla tabella 2, che mette a confronto le efficienze di produzione e di uso del suolo per il biodiesel prodotto dalle microalghe e da altre colture oleaginose, risulta infatti evidente che le microalghe sono le più vantaggiose sia in termini di rendimento in olio che per l’elevata produttività in biodiesel (da 52.000 a 120.000 kg di biodiesel/ha) e allo stesso tempo richiedono una minore estensione di suolo (anche 49-132 volte minore di quella richiesta dalla coltivazione del colza e della soia). In riferimento a tali rese algali, si è ipotizzato di destinare una superficie analoga a quella attualmente dedicata in Italia alle colture oleaginose (colza, soia e girasole) per la produzione di biodiesel, complessivamente pari a 20.000 ettari, alla coltivazione di microalghe (Dever J, Baldi S. 2011). Sarebbe quindi possibile ricavare 1,04 milioni di tonnellate (Mt), 1,72 Mt e 2,42 Mt di biodiesel utilizzando specie rispettivamente a basso, medio e alto contenuto lipidico. Ad esempio, considerando una specie microalgale con un contenuto lipidico del 20% (come la Chlorella vulgaris), a parità di superficie, da un totale di biomassa pari a 3,9 Mt si potrebbero produrre 0,7 Mt di biodiesel, vale a dire il 54% del consumo nazionale registrato nell’anno 2010 (1,3 Mt). Inoltre dalla biomassa residuale (oltre 3,1 Mt) potrebbero rendersi disponibili le frazioni zuccherine e proteiche per la produzione di altri prodotti energetici (etanolo e biogas) o merci ad alto valore aggiunto (farmaci, mangimi ecc.). Va inoltre evidenziato che per la coltivazione delle microalghe sarebbe possibile utilizzare terreni marginali, non sottraendo quindi suolo agricolo, come avviene per la produzione di biocombustibili da colture tradizionali.
Tutti gli esistenti processi di produzione del biodiesel da microalghe comprendono una unità di produzione per la coltivazione della biomassa, una fase di separazione delle cellule dai substrati di coltivazione e una di estrazione dei lipidi; le successive fasi, invece, sono simili a quelle utilizzate per produrre biodiesel da altre materie prime.
Per la coltivazione delle alghe elementi vitali per la crescita sono la luce, l’acqua, l’anidride carbonica e alcuni nutrienti come azoto (N), fosforo (P) e potassio (K); anche la silice e il ferro, ed altri elementi in traccia, sono importanti in quanto la loro carenza può limitarne lo sviluppo. È inoltre necessario raggiungere il giusto equilibrio tra i diversi parametri, quali l’ossigeno, la CO2, il pH, l’intensità della luce, la rimozione dei prodotti e sottoprodotti. In presenza di condizioni climatiche favorevoli e nutrienti a sufficienza, le microalghe di solito raddoppiano la propria biomassa in 24 h (3,5 h nella fase di crescita esponenziale), per cui hanno un ciclo di raccolta molto breve (1-10 giorni) (Chisti Y. 2007; Lagioia G. et al. 2011; Mata TM. et al. 2010; Nigam PS., Singh A. 2010; Pfromm PH. et al. 2011; Thurmond W. 2011).
La crescita delle alghe è influenzata da diversi fattori (tabella 3):
  • abiotici (luce, temperatura, concentrazione dei nutrienti, ossigeno, anidride carbonica, pH, salinità, presenza di sostanze chimiche tossiche);
  • biotici (patogeni come batteri, funghi e virus, competizione con altre alghe);
  • operativi (profondità, frequenza della raccolta, aggiunta di bicarbonato).
In termini economici, la produzione di biomassa algale è generalmente più onerosa rispetto alla coltivazione delle altre colture oleaginose.
A seconda delle specie di microalghe, delle condizioni ambientali e della disponibilità di nutrienti, le microalghe possono essere coltivate in sistemi aperti (vasche) o chiusi (fotobioreattori). Le vasche possono essere di tipo raceway, circolari con braccio rotante ed inclinate. Quelle raceway sono costituite da un canale a circuito chiuso di ricircolo profondo circa 0,3 m (di solito costruito in cemento e rivestito di plastica bianca) e una ruota a pale per la miscelazione e la circolazione.
I sistemi aperti sono meno costosi da costruire, hanno una durata più lunga e una maggiore capacità produttiva rispetto ai sistemi chiusi, anche se occupano una superficie maggiore. Rispetto ai sistemi chiusi, però, le vasche presentano un maggior fabbisogno di energia (per omogeneizzare i nutrienti) e di acqua (almeno 150 L/m2); inoltre sono più suscettibili alle condizioni ambientali (uno dei fattori limitanti è la variabilità della temperatura dell’acqua, dell’evaporazione e dell’illuminazione) e alla contaminazione da parte di altre microalghe indesiderate, lieviti, funghi, muffe e batteri.

 I fotobioreattori possono essere piatti o tubolari, orizzontali, verticali, inclinati o a spirale. Un fotobioreattore tubolare è costituito da una serie di tubi dritti e trasparenti, di plastica o vetro, del diametro non superiore a 0,1 m e della lunghezza inferiore agli 80 m, nei quali viene catturata la luce solare. Per consentire il maggior immagazzinamento di energia solare, solitamente i tubi sono disposti parallelamente uno all’altro con orientamento nord-sud e la superficie sotto il collettore è rivestita di plastica bianca per aumentare la riflettanza. I fotobioreattori consentono di avere un miglior controllo delle condizioni e dei parametri di crescita della coltura (pH, temperatura, ossigeno, CO2), minori perdite di anidride carbonica, una maggiore densità delle microalghe e produttività volumetrica oltre ad una riduzione della contaminazione da parte di altri microrganismi. Le principali limitazioni riguardano invece il surriscaldamento, l’accumulo di ossigeno*, gli elevati costi di costruzione e funzionamento dell’impianto. I costi di investimento per i fotobioreattori, infatti, sono maggiori delle vasche, soprattutto se si utilizzano i tubi in policarbonato (circa 5-12 milioni $/ha per i fotobioreattori con tubi in polipropilene e 12-25 milioni $/ha per i fotobioreattori con tubi in policarbonato contro i 0,5-2,5 milioni $/ha per le vasche)




Materia prima
Contenuto lipidico (% olio/s.s.)
Rendimento in olio
(L olio/ha)
Suolo utilizzato
(m2/kg biodiesel)
Resa in biodiesel
(kg biodiesel/ha)
Mais
4
172
66
152
Soia
18
446-636
18
562
Jatropha
28
741-1.892
15
656
Camelina
42
915
12
809
Colza
41
974
12
946
Girasole
40
1.070
11
1.156
Olio di palma
36
5.366-5.950
2
4.747
Microalghe (basso contenuto in olio)
30
58.700
0,2
51.927
Microalghe (medio contenuto in olio)
50
97.800
0,1
86.515
Microalghe (elevato contenuto in olio)
70
136.900
0,1
121.104


Specie di algheInfluenza il tipo di prodotto che si vuole produrre; per la produzione del biodiesel si preferiscono le alghe con un più elevato contenuto in olio e un più veloce tasso di crescita.
Aerazione e CO2Le alghe necessitano di aerazione per fissare la CO2 e crescere; si potrebbe utilizzare una fonte secondaria di CO2, come i gas di scarico delle centrali elettriche.
NutrientiLa composizione del suolo e/o dell’acqua influenza il tasso di crescita delle alghe; l’impiego di acque reflue, con elevata concentrazione di azoto, stimolerebbe la crescita delle alghe.
LuceDi solito per la fotosintesi si impiega la luce solare; sono però in corso di sperimentazione alcuni impianti, più costosi, che impiegano fonti luminose artificiali per la crescita al buio.
Livello pHLa crescita ottimale delle alghe necessita un pH tra 7 e 9, valore che può essere influenzato dalla quantità di CO2 e dei nutrienti.
MiscelazioneAffinché tutte le cellule delle alghe siano ugualmente esposte alla luce e per evitare la sedimentazione è necessaria la loro miscelazione.
TemperaturaAlcune specie di alghe richiedono temperature miti durante la crescita (20-30 °C).

Commenti

Post più popolari