L'EUROPA PUNTA SUI BIOCARBURANTI



L’Europa punta sui
biocarburanti
Il consumo di energia nel settore dei trasporti
è il principale responsabile dei cambiamenti
climatici, perché causa il 23% delle
emissioni mondiali di anidride carbonica. E
questo settore, in costante crescita, dipende
quasi totalmente dai combustibili fossili.
Ma l’Europa sta mostrando di credere nel
mercato dei carburanti alternativi: l’Ue punta
sulle possibilità aperte dalla ricerca scientifica
nel campo dei biocarburanti. Nel rapporto
presentato a Bruxelles lo scorso gennaio,
il giudizio che viene dato è incoraggiante:
“i biocarburanti potrebbero tecnicamente
sostituire il petrolio in tutte le modalità di
trasporto, usando le tecnologie di trazione
esistenti e le attuali infrastrutture di rifornimento.
 Lo sviluppo delle materie prime
potenziali [necessarie alla produzione di
biocarburanti] e l’ottimizzazione dei processi
produttivi è in questo momento la priorità
più alta”. L’Unione europea si è sbilanciata al
punto da porre come obiettivi una “graduale
sostituzione dei combustibili fossili per i trasporti”
con alternative
green e il passaggio a
un sistema
oil free entro il 2050.
Ovviamente si tratta di una prospettiva che
deve essere ancora collocata in un quadro
generale di linee strategiche condivise che
siano efficaci e, soprattutto, ragionevoli.
Un quadro che la Commissione europea
ha cominciato a delineare dagli inizi del
2000, predisponendo un piano di rilancio
del biodiesel con il quale punta a soddisfare
il 20% della domanda interna di carburanti
di ciascun Paese membro. Poco più di un
anno fa, inoltre, la Commissione europea
ha emanato la direttiva 2009/30/CE in cui
fissava l’obiettivo di sostituire con i biocarburanti
il 10% della benzina e del gasolio entro
il 2020. La direttiva del 23 aprile 2009
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richiedeva infatti agli Stati membri di utilizzare
per i trasporti, entro il 31 dicembre
2020, carburanti con un contenuto bio nella
misura del 10%. In Italia la direttiva è stata
recepita solo di recente, con il decreto legislativo
n. 55 del 31 marzo 2011
2. Si tratta, in
sostanza, di una normativa che stabilisce le
caratteristiche che devono avere questi nuovi
tipi di benzina e combustibile diesel per
essere commercializzati sul territorio comunitario.
In particolare, a partire da quest’anno,
è possibile commercializzare in Italia una
nuova benzina, conosciuta anche come E10,
contenente fino al 10% di etanolo (fino ad
oggi, il contenuto di etanolo era intorno al
5%). La situazione è analoga per il gasolio:
arriverà in commercio una miscela che per
una parte su dieci sarà fatta di biodiesel. Con
queste misure, l’Unione europea intende ridurre
l’emissione di gas serra e alleggerire la
dipendenza dal petrolio.
I biocarburanti
L’utilizzo dei biocarburanti potrebbe essere
quindi la strada maestra per migliorare
l’impronta ecologica del settore dei trasporti
e ridurre la dipendenza energetica.
Tecnicamente, i biocarburanti sono carbu-
ranti ottenuti da materie prime di origine agricola, oppure,
in generale, da biomasse. E, fra i biocarburanti, i
principali sono l’alcol etilico ottenuto per via fermentativa
(bioetanolo) e il biodiesel: in futuro potrebbero
essere l’alternativa a, rispettivamente, benzina e gasolio
3.
All’atto della combustione, il biocarburante produce
molti meno inquinanti rispetto al petrolio e ha il
vantaggio di provenire da materie prime rinnovabili e
che si trovano ovunque. In Italia i biocarburanti “tirano”
meno rispetto alle altre fonti rinnovabili: nel 2009
ne sono stati utilizzati solo 105.000 tonnellate, di cui
90.000 derivanti da materie prime importate e rilavorate
in Italia e appena 15.000 tonnellate ottenute da materie
prime coltivate sul territorio nazionale.
Per quanto riguarda, nello specifico, la produzione di
biodiesel, l’Italia si attesta al quarto posto in Europa. Al
primo posto c’è la Germania con 2.539.000 tonnellate,
seguita dalla Francia con 1.959.000 e dalla Spagna, che
ci ha rubato il terzo posto conquistato nel 2008. Il settore
appare in crescita anche in Austria, Belgio, Finlandia,
Olanda e Polonia. Ma, secondo i dati diffusi dalla EBB
- la
European Biodiesel Board -, il nostro Paese sta perdendo
terreno, pur mantenendo la sua posizione con
737.000 tonnellate prodotte solo nel 2009.
Il primato europeo nel biodiesel
e i dubbi sui biocarburanti
Nel contesto generale, l’Europa è leader mondiale nella
produzione di biodiesel: ne ha prodotto il 65% del volume
mondiale. Il livello di capacità si attesta sui 22 milioni
di tonnellate anche se l’utilizzo del biodiesel, come
abbiamo detto, resta al di sotto della capacità produttiva.
Anche nella comunità scientifica è in atto un dibattito
sulle criticità di questo tipo di combustibile. Se il biocarburante
ha il vantaggio di provenire da una risorsa
rinnovabile (il mais e la soia sono stati considerati per
lungo tempo le opzioni migliori) e di non emettere gas
serra, ha però il non trascurabile svantaggio di richiedere
terreno agricolo per la sua produzione e, quindi, di
“dirottare” l’energia dalle bocche degli uomini (soprattutto
del Terzo Mondo) ai serbatoi delle auto (soprattutto
nei Paesi occidentali). Stando a un nuovo studio
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dell’
Institute for European Environmental Policy (IEEP)
di Londra, la coltivazione di “piante energetiche” (i biocarburanti
provengono principalmente da semi di colza,
olio di palma, frumento, barbabietole e canna da zucchero)
renderebbe i biocarburanti “più dannosi per il
clima delle stesse energie fossili (carbone, petrolio, gas
naturale) che si vorrebbero sostituire”.
Secondo lo studio, commissionato da nove organizzazioni
ambientaliste, il crescente uso di biocarburanti in
Europa aumenterebbe inoltre le emissioni di gas serra
perché la loro produzione richiede la conversione di vastissime
aree improduttive in nuove aree agricole.
Per sostituire
il 10% dei tradizionali carburanti con biocarburanti,
bisognerebbe dunque trasformare almeno 69.000
chilometri quadrati di boschi, pascoli e aree improduttive
in terreni agricoli: una superficie grande più di due
volte quella del Belgio. L’effetto di questa conversione
potrebbe essere l’emissione annua di 56 milioni di tonnellate
di anidride carbonica (CO
2), cioè la stessa quantità
che emettono 12 - 26 milioni di automobili. Ma c’è
un’alternativa; l’energia può essere ricavata da alcune
“piante” particolari: le alghe.

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