IL BIODIESEL ALGALE




Il biodiesel algale : un mercato
pieno di speranze

L’origine del biocombustibile si ritrova in fonti rinnovabili
come oli vegetali e grassi animali. Il biodiesel
che proviene dalle alghe, invece, si può considerare una
novità - anche se è nato ormai da qualche anno - e appartiene
alla famiglia dei biocarburanti di quarta, e per
ora ultima, generazione. È un biocarburante in cui sono
coinvolti microrganismi geneticamente modificati che
catturano grandi quantità di anidride carbonica e producono,
come rifiuto, il combustibile. La chiave per l’intero
processo è l’utilizzo del gas serra CO
2, un sistema
che rende la produzione di questo biocarburante un
processo davvero innovativo.
Le alghe microcellulari da biodiesel geneticamente modificate
hanno attirato subito l’attenzione mondiale degli
specialisti, soprattutto per la loro capacità di fornire
fino a 30 volte più energia per ettaro del mais e della soia.

E il tutto in modo sostenibile. La coltivazione delle alghe, infatti,
non compete con la produzione di varietà vegetali a uso alimentare,
e secondo alcune stime, la resa possibile si aggirerebbe
tra i 1.000 e i 20.000 litri di biocarburante per ettaro (a seconda
della specie di alga coltivata). Le applicazioni di questo biocarburante
sono le più diverse e diverse sono anche le tipologie di
alghe utilizzabili e le tecnologie per coltivarle e nutrirle. Il meccanismo
di base è quello della fotosintesi: dunque per nutrire le
alghe è sufficiente il sole, almeno in teoria. Inoltre, queste sono
grandi mangiatrici di anidride carbonica, il che le rende ancora
più interessanti: poter catturare gas serra mentre si produce
energia pulita non è un vantaggio da poco. Gli impianti di produzione
di alghe possono infatti essere collegati a centrali elettriche
che utilizzano combustibili fossili per abbattere la CO
2,
come sta già facendo l’Enel a Brindisi assorbendo una piccola
parte delle emissioni della centrale elettrica
5.
Un recente rapporto della società di analisi di mercato Sbi
Energy stima che entro il 2015 il mercato di questo particolare
biofuel
passerà dai 271 milioni di dollari del 2010 a 1,6 miliardi
di dollari, con un tasso di crescita del 43%. Ricerche e investimenti
effettivamente fervono e anche i colossi del petrolio si
stanno lanciando nell’impresa, soprattutto la
Exxon e la Bp. Nel
2010, la
Exxon Mobil e la Synthetic Genomics di Craig Venter
hanno investito insieme 600 milioni di dollari (460 milioni di
euro) in ricerche sul tema. Anche perché sperano che nel 2017
i costi per la produzione del biodiesel algale saranno sugli 11-
12 dollari al litro, quindi uguali a quelli del diesel normale. Ora
il biodiesel costa infatti 60 dollari al litro (è sceso di 20 dollari
in un anno) e il gasolio normale ne costa 8. Anche la Nasa sta
compiendo ricerche sulle alghe per produrre biocarburanti per
l’aviazione, e Bill Gates ha finanziato con 100 milioni di dollari
la
Sapphire Energy per un impianto pilota nel deserto del
New Mexico. Secondo Matthew C. Posewitz, assistente di chimica
alla
Colorado School of Mines, sono in corso «oltre cento
ricerche di ingegneria genetica per ottimizzare la produzione di
biodiesel dalle alghe». Questo pone però altri problemi proprio
per i timori legati alla creazione di alghe geneticamente modificate.
Soprattutto se si pensa che il 40% di tutto l’ossigeno che
respiriamo proviene dalle alghe.

www.biodiesel100x100.net

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