IL MOTORE DIESEL: principi di funzionamento.

IL MOTORE DIESEL: principi di funzionamento.
 CENNI STORICI 

La prima auto di serie al mondo spinta da un motore alimentato a gasolio fu la Mercedes 260 D del 1936. Il motore Diesel era noto però già da tempo, perché applicato su vasta scala in marina in impianti fissi ancor prima della guerra del 1914-18, e a partire dal 1927 su autocarri ed autobus.

Nel 1893, l’ingegnere tedesco Rudolf Diesel (1858-1913) descrisse nel suo brevetto un nuovo tipo di motore a combustione interna. L’idea era quella di iniettare combustibile liquido in aria riscaldata da sola compressione; l’incremento di temperatura e pressione sarebbe stato sufficiente ad innescare la combustione. Dalla brevissima descrizione del brevetto si capisce che, nel tentativo di evitare e superare i problemi d’accensione del motore a combustione interna, Diesel analizzando i possibili combustibili dovette eliminare la benzina e passare a quelli meno volatili e più facilmente accendibili come i distillati più pesanti del petrolio (oggi chiamati gasolio), gli oli vegetali (compreso quello di oliva) e, infine, la polvere di carbone. E fu proprio quest'ultima che gli permise di costruire e far funzionare il suo motore, poiché all'epoca non erano disponibili pompe d’iniezione capaci di polverizzare i combustibili liquidi in modo sufficientemente fine per garantire una combustione uniforme.
Cenni storici.
I primi esperimenti, eseguiti personalmente da Diesel, furono disastrosi e passarono circa quattro anni prima che un motore ad accensione per compressione riuscisse a funzionare regolarmente (alimentato da polvere di carbone miscelata ad aria). Si trattava di un grosso monocilindrico a quattro tempi (alesaggio 259 mm e corsa 400 mm), fabbricato dalla tedesca M.A.N., che sviluppava 20 CV al regime di 172 giri/min.

Tre tipologie di motore diesel: il primo da sinistra è un sistema a precamera, il secondo un sistema a camera di turbolenza e il terzo è un sistema ad iniezione diretta.

Il primo vero successo arrivò nel 1908 con un importante intervento sull’alimentazione del combustibile, tramite aria compressa, infatti, per la prima volta, venne iniettato olio pesante nel cilindro. Questa alimentazione "pneumatica" rese fortemente competitivo il motore Diesel rispetto al motore a vapore, all’epoca suo antagonista, perché gli consentiva di ottenere potenze molto più elevate a parità di peso ed inoltre di eliminare i grossi contenitori di carbone. Tutto ciò portò all’affermazione del motore Diesel nelle applicazioni marine. Correva l’anno 1910 e Winston Churchill, primo Lord dell’Ammiragliato inglese, comprese i notevoli vantaggi di questo innovativo motore rispetto ai propulsori a vapore, per la possibilità di facile rifornimento della flotta britannica in mare aperto, senza obbligare le navi a rientrare in porto. A questo vantaggio se ne aggiungeva un altro, quello degli ingombri ridotti, molto apprezzato dagli ingegneri navali.
La prima guerra mondiale catalizzò lo sviluppo del motore Diesel con una vastissima produzione di propulsori navali; l’applicazione fu presto estesa ai sottomarini e, successivamente, anche agli imponenti dirigibili Zeppelin. Ma i tempi per l’applicazione del motore Diesel alla trazione terrestre non erano ancora maturi.
Fu nel 1924 che, per la prima volta, ben tre fabbriche tedesche, la M.A.N., la Daimler e la Benz presentarono al salone di Berlino autocarri mossi da motori Diesel, ma l’iniziativa ebbe poco seguito perché il sistema d’alimentazione impiegato, di tipo pneumatico come quello delle navi, era lento e poco flessibile.
Già alla fine del 1922, però, Robert Bosch aveva iniziato la progettazione di un nuovo sistema d’iniezione per i motori diesel, nel 1925 veniva realizzato il progetto definitivo per la costruzione della prima pompa meccanica di iniezione e nel 1927 iniziò la produzione di serie. Tale sistema era dotato di una precisione e di una rapidità di azionamento tali da decretarne il successo sui veicoli industriali. Il combustibile veniva immesso direttamente nel cilindro tramite il polverizzatore o iniettore la cui funzione consisteva nel ridurre il gasolio in minutissime goccioline per favorire la sua evaporazione e quindi l’accensione in tempi brevi.
Lo sviluppo di motori ad iniezione diretta di piccola cilindrata destinati alle autovetture fu però impossibile per l’eccessiva rumorosità e per le difficoltà di realizzare i fori degli iniettori che dovevano, necessariamente, essere molto ridotti per la "dosatura" delle piccole cilindrate. Per superare queste difficoltà nacque il motore ad iniezione indiretta o a precamera.
Nel motore diesel a precamera il gasolio veniva iniettato in un piccolo volume (precamera) ricavato sulla testata del motore e messo in comunicazione con la camera di combustione attraverso un piccolo canale. La combustione iniziava proprio nella precamera, dalla quale, per il grande aumento di pressione, veniva trasmessa attraverso il canale raggiungendo la camera di combustione, dove si completava. Questo funzionamento a due stadi della combustione riduceva drasticamente il rumore e la ruvidezza del motore diesel dell’epoca rendendolo più adatto alle autovetture.
Fase d’aspirazione dell’aria per poi essere portata ad alta pressione ed alta temperatura..
Parente stretto del motore a precamera era quello a camera di turbolenza che ne rappresentava un affinamento; il posizionamento del condotto di comunicazione precamera-camera tangente al cielo del pistone di questa versione del motore, migliorava la miscelazione aria-gasolio e permetteva il più rapido riscaldamento della camera di combustione.
Il diesel ad iniezione diretta, invece, garantiva e garantisce tuttora, rendimenti più elevati e consumi più bassi, ma le problematiche di questo sistema, precedentemente citate, hanno portato a rimandare la sua applicazione nelle autovetture agli anni ’80, fino ai quali il motore a gasolio, tranne che sugli autocarri, è stato esclusivamente a precamera.
Funzionamento.
Un motore ad accensione per compressione è caratterizzato da un rapporto volumetrico di compressione sufficientemente elevato (14–24), tale da provocare un aumento di 500–600°C nella temperatura della carica d’aria immessa nel cilindro durante la fase d’aspirazione.
Il combustibile viene iniettato sotto forma di un fine spray in quest’aria ad alta pressione e temperatura, poco prima che lo stantuffo raggiunga il PMS, esso vaporizza e si mescola con l’aria, formando una miscela aria-combustibile, che trovandosi a temperature e pressioni superiori a quelle di autoaccensione del combustibile, si accende spontaneamente dopo un ritardo dell’ordine di un millisecondo.

Fase d’iniezione del gasolio nell’aria compressa e surriscaldata.
Il processo di combustione può essere schematizzato con le seguenti fasi:
1. La prima (AB=ritardo) inizia nell’istante in cui il combustibile comincia a penetrare in camera di combustione e termina quando si avvia la fase di combustione.
2. La seconda (BC=combustione rapida) è caratterizzata da una veloce propagazione della combustione a tutta la carica premiscelata combustibile-aria formatasi durante il ritardo, dando luogo ad un forte incremento di pressione e temperatura.
3. Nella terza fase (CD=combustione controllata) si ha la combustione del nucleo centrale del getto e del combustibile successivamente iniettato, man mano che entra in camera di combustione.
4. Nell’ultima fase (DE=completamento combustione), l’iniezione di gasolio è finita, ma viene portata a termine la combustione del gasolio iniettato in precedenza.
Nello studio della combustione del Diesel grande importanza viene attribuita al ritardo d’accensione non tanto per il fatto che sia di per se nocivo ma in quanto responsabile della successiva fase di combustione a volume quasi costante. Quest’ultima è vantaggiosa ai fini del rendimento termico, ma dannosa dal punto di vista delle sollecitazioni e della rumorosità.
Dalla quantità di carica premiscelata che si forma durante il ritardo, infatti, dipende la velocità di incremento della pressione ed il suo massimo valore raggiunto, fattori che influenzano la rumorosità di funzionamento, le vibrazioni e le sollecitazioni meccaniche nonché la massima temperatura dei gas. L’inizio del ritardo di accensione è generalmente fissato in corrispondenza dell’apertura dell’iniettore e la fine coincide con l’avvio della combustione.
Nel periodo di ritardo all’accensione caratteristico del Diesel, è possibile distinguere due processi: ritardo fisico (fenomeni che modificano lo stato di aggregazione delle molecole di combustibile e permettono la miscelazione con l’aria), ritardo chimico (fenomeni di ossidazione che cambiano la struttura chimica del combustibile).
Il ritardo fisico è costituito da tre fasi: disintegrazione del getto di combustibile con la formazione di goccioline, riscaldamento delle gocce liquide e loro evaporazione, diffusione di questi vapori nell’aria, fino a formare una miscela d’aria e combustibile in grado di accendersi.
Il ritardo chimico è costituito da altre tre fasi: decomposizione degli idrocarburi più pesanti in composti più leggeri, loro attacco da parte dell’ossigeno con formazione di composti poco stabili, avvio delle reazioni a catena che portano all’autoaccensione del combustibile.
La componente chimica del ritardo è controllata prevalentemente dalle dimensioni e dalla struttura della molecola di combustibile, che la rendono più o meno attaccabile dall’ossigeno.
Il grado di accendibilità viene misurato dal numero di cetano. Il numero di cetano rappresenta l’attitudine all’accensione del gasolio. E’ definito come la percentuale in volume di cetano in una miscela di cetano e alfa-metil-naftalina che presenta le stesse caratteristiche d’accensione del gasolio in esame. Minore è il ritardo d’accensione, più alto è il numero di cetano e quindi la prontezza del carburante ad incendiarsi.
Anche se i processi visti avvengono in maniera sovrapposta nel tempo, la prima parte del ritardo d’accensione è dominata prevalentemente dai processi fisici che portano alla formazione della miscela di combustibile, mentre la seconda è soprattutto influenzata dalle trasformazioni chimiche che portano all’autoaccensione. Quando il gasolio viene iniettato, il nucleo centrale del getto appare ancora compatto, mentre le gocce di minori dimensioni sono trascinate dalla corrente d’aria nella zona del getto avanzata, dove si trovano circondate da una quantità d’aria relativamente grande e sono rapidamente riscaldate e vaporizzate. Si forma così un carica premiscelata, anche se non in maniera omogenea, con una concentrazione di combustibile decrescente a partire dal nucleo centrale verso l’esterno.

Anche se i processi visti avvengono in maniera sovrapposta nel tempo, la prima parte del ritardo d’accensione è dominata prevalentemente dai processi fisici che portano alla formazione della miscela di combustibile, mentre la seconda è soprattutto influenzata dalle trasformazioni chimiche che portano all’autoaccensione. Quando il gasolio viene iniettato, il nucleo centrale del getto appare ancora compatto, mentre le gocce di minori dimensioni sono trascinate dalla corrente d’aria nella zona del getto avanzata, dove si trovano circondate da una quantità d’aria relativamente grande e sono rapidamente riscaldate e vaporizzate. Si forma così un carica premiscelata, anche se non in maniera omogenea, con una concentrazione di combustibile decrescente a partire dal nucleo centrale verso l’esterno.

Nella zona esterna si creano così i primi nuclei d’accensione nei punti in cui il rapporto di miscela risulta più favorevole: piccoli fronti di fiamma si propagano da ciascun nucleo, andando ad accendere la miscela combustibile che li circonda. La carica che brucia è mediamente magra, per cui la sua ossidazione risulta normalmente completa. Le zone più esterne sono caratterizzate da una miscela troppo magra per portare all’autoaccensione o sostenere la propagazione del fronte di fiamma. E’ proprio in queste zone che l’ossidazione parziale del combustibile porta alla formazione degli idrocarburi incombusti (HC). Avviata la combustione della carica premiscelata, la fiamma si propaga molto rapidamente verso il nucleo centrale del getto dove si trovano le gocce di combustibile di maggiori dimensioni. Queste, ricevendo calore dai fronti di fiamma già avviati, evaporano velocemente. Alcune di queste gocce, specialmente quelle che si trovano alla periferia del nucleo sono completamente vaporizzate dal fronte di fiamma. Molte gocce, però, soprattutto nelle condizioni di pieno carico e nella parte centrale del nucleo, sono solo parzialmente vaporizzate, la loro velocità di combustione dipende da vari fattori (turbolenza, caratteristiche del getto, calore liberato dalla combustione, ecc.) che regolano l’evaporazione e la diffusione dei vapori di combustibile verso la fiamma. Ai carichi parziali, si ha generalmente una quantità di ossigeno sufficiente per una combustione completa; a pieno carico si possono ottenere prodotti di ossidazione parziale (CO, HC, particelle carboniose, ecc.). Il processo di combustione interessa poi l’ultima parte di combustibile iniettato. La combustione di quest’ultima porzione di combustibile porta, soprattutto nelle condizioni di pieno carico, alla produzione di particelle carboniose, idrocarburi incombusti e CO per carenza d’ossigeno. Parte del primo combustibile iniettato può raggiungere ancora allo stato liquido le pareti della camera di combustione e del pistone. Questo film liquido tende ad evaporare più o meno velocemente a seconda della temperatura dei gas e della parete, della velocità e pressione dei gas, ecc. Se il grado di turbolenza risulta elevato, la combustione di questi vapori avviene in maniera soddisfacente, altrimenti, per carenza d’ossigeno o cattiva miscelazione, si può avere una combustione incompleta con conseguente formazione di HC, particelle carboniose, prodotti di parziale ossidazione. Nei motori a precamera la quasi totalità del processo di combustione avviene durante la fase d’espansione, mentre nei motori ad iniezione diretta la combustione all’interno del cilindro comincia in fase di compressione.
Nella figura (B) si distinguono chiaramente a –7° i 4 getti di un iniettore centrale. A –3° la combustione ha inizio alle estremità di questi getti ma le relative parti infiammate tendono a ruotare in senso antiorario a causa dello swirl presente in camera. La colorazione finale, in origine bianca, tende a scurirsi per la diffusa fuliggine.
Da questa breve e, speriamo, esauriente descrizione dei principi che governano il funzionamento di base di un motore diesel, si evince come alla base di tutto, ci sia la modalità di iniezione del gasolio. Ecco che lo sviluppo del diesel è stato possibile solo ed esclusivamente grazie al parallelo sviluppo dei sistemi d’iniezione diesel: pompe meccaniche, pompe elettroniche, common rail e iniettore pompa. Questi sistemi di regolazione dell’afflusso di gasolio hanno reso molto preciso il funzionamento del motore diesel, permettendogli, oggi, di conquistare sempre più grosse fette di mercato.

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