Sistemi Bioenergetici FILIERA BIODIESEL

Sistemi Bioenergetici FILIERA BIODIESEL

PREMESSA
La produzione di bioenergia, cioè l’utilizzazione a fini energetici di quel vasto insiem e di materie
prime di origine biologica che viene genericamente indicato con il nome di biomasse, è in Italia
una realtà consolidata da tempo, anche se, al momento attuale, il contributo complessivo di
questa fonte al bilancio energetico nazionale è ancora  abbastanza limitato, in quanto corrisponde
solo al 3% circa del totale dei consumi finali di energia. La quantità di energia prodotta è però solo
una frazione di quella teoricamente ottenibile. Relativamente al settore dei trasporti, i
biocombustibili liquidi, o biocarburanti, rivestono un ruolo importante nella definizione della
nuova politica energetica ad ambientale europea e tale importanza è stata riconosciuta con
l’emanazione della Direttiva 2003/30/CE e, più recentemente, con le decisioni del Consig lio
Europeo, che stabiliscono l’obiettivo, per ogni stato membro, della sostituzione dei carburanti
derivanti dal petrolio con biocarburanti per la quota pari al 10% nel 2020. Più in generale, alla luce
dei nuovi indirizzi della Politica agricola comune (PAC), lo sviluppo dei biocombustibili e
biocarburanti è considerato uno dei cardini per il rilancio e il rafforzamento dell’agricoltura
europea, con i conseguenti riflessi positivi in  termini di occupazione e sviluppo rurale, oltre a livello ambientale, sia  su scala locale (tutela degli agro-ecosistemi), che globale (mitigazione
dell’effetto serra). In questo contesto si inseriscono le attività ENEA finalizzate allo sviluppo di
attività di ricerca e sperimentazione per la produzione di biocombustibili ottenuti da biomasse
agroforestali e di biocarburanti di seconda generazione provenienti dalla conversione di biomasse
ligno-cellulosiche di varia natura, ivi incluse quelle ottenute da specifiche colture energetiche.
BIOMASSE E BILANCIO ENERGETICO
L’aumento della temperatura della superficie terrestre del Pianeta, ed il continuo incremento del
prezzo dei combustibili fossili, stanno inducendo molti paesi industrializzati a rivedere la propria
politica energetica individuando al contempo obiettivi mirati alla riduzione dell’impatto
ambientale. Già nell’ambito della conferenza di Kyoto, l’Italia ha assunto attraverso un Protocollo
l’impegno di abbattere le emissioni di gas serra entro il periodo 2008 - 2012 del 6,5%.
Quindi in definitiva l’agricoltura può fornire  un valido sostegno al superamento dell’attuale crisi
energetica e contemporaneamente ricavarne vantaggi concreti a patto che l’agricoltore, da
produttore di materia prima a basso valore aggiunto, diventi, a tutti gli effetti, fornitore di energia
alternativa attraverso produzione di BIOMASSA.
Biomassa è un termine che riunisce una gran quantità di materiali, di natura estremamente
eterogenea. Con alcune eccezioni, si può dire che è biomassa, tutto ciò che ha matrice organica ad
eccezione delle plastiche e  dei materiali fossili che, pur rientrano nella chimica del carbonio, non
hanno nulla a che vedere con quei materiali organici che si riproducono in modo ciclico.

Le biomasse possono essere costituite da:
  piante espressamente coltivate per scopi energetici
  residui delle coltivazioni destinate all’alimentazione umana o animale
  residui forestali
  scarti di attività industriali
  e sottoprodotti delle aziende zootecniche
  rifiuti solidi urbani opportunamente selezionati
Le biomasse utilizzabili per fini energetici,    per
essere considerate fonti energetiche
rinnovabili, devono soddisfare determinate
caratteristiche di eco sostenibilità nella loro
produzione e utilizzo, garantendo un bilancio
energetico positivo e di produzione
complessiva di CO2
negativo o nullo.
Le biomasse possono essere considerate
rinnovabili se ciò che viene sottratto
all’ambiente naturale o agricolo corrisponde a
quanto nuovamente è ripristinato.
Fra le fonti rinnovabili, le biomasse
rappresentano una delle soluzioni più
interessanti nella ricerca di nuove risorse energetiche rinnovabili, nel breve -  medio periodo, per almeno 3 ragioni.
  possibilità di produrre energia con investimenti relativamente modesti;
  costituire un’alternativa alle colture tradizionali non in grado di reggere la conc orrenza di un mercato ormai globalizzato;
  immagazzinare quantità rilevanti di carbonio nel suolo (e quindi usufruire dei  certificati
verdi, cioè bonus economici scaturiti dal Protocollo di Kyoto).
E chiaro, però, che la conversione della biomassa in energia deve essere compatibile con i ritmi
naturali, e il tempo dalla coltivazione al consumo finale deve essere il più breve possibile ( ad
esempio un conto è utilizzare biodiesel o bioetanolo proveniente da una coltura che ha bisogno di
soli pochi mesi di coltivazione, tutt’altro conto è trasformare foreste centenarie  – quindi con cento
anni di CO2
fissata – in legna da ardere! ).
- Scambi tra biomassa e ambiente-

COLTURE DA ENERGIA
La classificazione che comunemente  viene utilizzata per le colture da bioenergia si basa sulla
prevalente destinazione della biomassa:  Le colture da Biomassa vengono convenzionalmente
divise in filiere;
Con il termine filiera, si indica l’insieme delle azioni che collegano la fase di produzione delle
biomasse e quelle di trasporto, trasformazione ed utilizzo. Le filiere agro-  energetiche da
promuovere in quanto ecosostenibili devono essere corte (nello spazio) e brevi (nel tempo). Le
filiere possibili sono:
  quella ligno-  cellulosica, di cui fanno parte le colture da biomassa e i residui delle
coltivazioni;( filiera calore ed elettricità)
  colture da biocombustibili che si suddivide in oleaginose, come colza e girasole, e colture
zuccherine, come la canna da zucchero; (filiera biodiesel/ bioetanolo )
  infine il biogas, che si ottiene dalla fermentazione dei residui di   origine animale o delle
sostanze organiche, presenti nelle tonnellate di immondizia ammassate all’interno delle
discariche ( biogas)
Le specie utilizzabili per produzione di biomassa sono potenzialmente molto numerose dato che,
la principale valenza agronomica delle diverse specie utilizzate consiste nell’elevato tasso di
crescita della coltura; la scelta ricade su specie  autoctone  che manifestano elevata adattabilità e
tollerabilità alle condizioni ambientali locali.
FILIERA BIODIESEL
Il  Biodiesel  rappresenta una fonte energetica rinnovabile di cui è auspicata la diffusione
nell’Unione Europea per ridurre progressivamente la dipendenza dai carburanti convenzionali e
l’emissione di gas serra. Nel meridione italiano, la filiera biodiesel ha trovato concrete   prospettive
di ampliamento nei tradizionali areali cerealicoli, nei quali, per ottemperare ai dettami della nuova
PAC è necessario disporre di specie alternative da avvicendare con  il grano duro. Tenendo
presente  i vincoli di natura climatica di queste re gioni e il fatto che l’acqua disponibile per
l’irrigazione è destinata prevalentemente a colture più redditizie, la scelta di specie a ciclo
autunno- primaverile è stata quasi obbligata.
Il  Biodiesel  è ottenuto dalla spremitura di semi oleaginose quali colza,  Brassica carinata, girasole,
brassicaceae e non, e da una successiva lavorazione dell’olio, detta “trans esterificazione”, che
determina la sostituzione dei componenti alcolici di origine ( glicerolo) con alcol metilico
(metanolo).
COLZA (Brassica napus L. var. oleifera d.c.)
Il Colza è una dicotiledone appartenente alla famiglia delle Brassicacee , le zone di produzione sono
dislocate principalmente in Asia (India, Cina, Pakistan), dove si concentra circa il 50% della
produzione mondiale di olio,  mentre in Europa ha avuto una forte espansione nel corso degli anni
’80 concentrandosi prevalentemente nella fascia continentale (Germania e Francia) anche se negli
ultimi anni ha ridestato nuovo interesse nel mondo agricolo del nostro paese.
PRINCIPALI CARATTERI BOTANICI, BIOLOGIA ED ESIGENZE
Il Colza  è una pianta ad habitus annuale o biennale,  presenta un apparato radicale fittonante
moderatamente ramificato generalmente non molto profondo. Il fusto, eretto, ramificato
provvisto di internodi può raggiungere 1.5  m di altezza. Le foglie sono semplici e con disposizione
alterna.  I fiori sono gialli e sono riuniti in un’infiorescenza a grappolo. La fioritura procede in senso
acropeto. La fecondazione è prevalentemente autogama. Il frutto è una siliqua contenen te da 20 a
30 semi. Questi  sono di forma tondeggiante e di colore rosso-  bruno o nero, con un peso unitario
di 35- 45 mg. Presentano solitamente

Brassica napus-  30- 40 % di olio con varia composizione acidica,
  21- 24 % di proteine,
  4- 5 % di zuccheri,
  7- 11 % di fibra,
  ~0-1%di tioglucosinolati
Per quanto riguarda le esigenze, è importante soprattutto che la pianta riesca a formare 6-8 foglie
e raggiunga un diametro della radice al colletto di circa 1 cm prima dell’inverno, poiché a questo
stadio ( rosetta) può agevolmente fronteggiare le basse temperature. Predilige terreni profondi, di
medio impasto o tendenzialmente argillosi con buona capacità di ritenzione idrica. Il colza è una
specie annuale, a ciclo autunno-  primaverile. In Sicilia e nel  meridione italiano in  genere riesce a
completare il ciclo entro la prima decade di giugno. E’ una specie competitiva nei confronti delle
infestanti, grazie alla buona copertura del suolo nel periodo primaverile, e malgrado abbia elevate
esigenze nutrizionale, restituisce al suolo, con i residui colturali buona parte degli elementi
minerali somministrati con la concimazione.

TECNICA COLTURALE
Preparazione del letto di semina
Il letto di semina deve essere accuratamente preparato per permetter e  un adeguato  contatto dei
piccoli semi con le particelle di terreno. Lo strato profondo deve essere soffice per favorire la
penetrazione dell’apparato radicale. Normalmente le lavorazioni del terreno  consistono in
un’aratura a 25-30 cm, generalmente estiva, seguita  durante l’autunno da lavorazioni
complementari con estirpatori, frangizolle e/o altri erpici che hanno il duplice compito di rinettare
il suolo dalla flora spontanea. L’epoca di semina è condizionata dall’andamento delle piogge,
quindi, la semina deve ricadere in un periodo in cui la piovosità raggiunge almeno 50 mm.
La dose di seme è funzione della densità l’investimento prevista,  delle condizioni di semina, delle
condizioni meteorologiche subito dopo la semina, del peso del seme. A tale riguardo, la dose  di seme può variare tra 5 e 9 Kg ha-1
.  La semina solitamente viene effettuata con seminatrici da
grano, ma se le condizioni del terreno e la preparazione del letto di semina lo consentono, la
semina con macchine pneumatiche di precisione può assicurare maggiore regolarità.

BRASSICA CARINATA (Brassica carinata A. Braun)
La Brassica carinata  è una dicotiledone  appartenente alla famiglia delle Brassicacee. E’ una pianta
annuale dal portamento eretto, presenta un apparato radicale fittonante con scarse ramificazioni.
Sul fusto, si inseriscono numerose ramificazioni a partine dalla porzione mediana e distale. La
pianta può raggiungere i 2 m di altezza.
-Brassica carinata-Le foglie sono di colore glauco, sono picciolate nella fase di rosetta; dopo la levata si differenziano
foglie intere, lanceolate e semiamplessicauli. L’infiorescenza è un racemo. La fioritura è   scalare  ed
il  fiore ermafrodita. Il frutto è una siliqua di ~10 cm (a differenza della B.napus le silique non sono
deiscenti). Ogni siliqua contiene da 10 ai 20 semi globosi, di colore marrone scuro o giallo. Esso
può contenere:
  30-  50 % di olio con varia  composizione acidica  –  a.erucico (dal 35 al 48%), a linoleico 18-25%), a oleico (11- 17%) ed a. linoleico (10- 16%).
  20- 30 % di proteine,
  3- 5 % di zuccheri,
  7- 11 % di fibra,
  0- 1 % di tioglucosinolati
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Il ciclo biologico di  B. carinata  è autunno-  primaverile. Dalle recenti sperimentazioni condotte in
Sicilia indicano che la durata media del ciclo, dalla semina alla maturazione fisiologica del seme, è
pari a circa 179 giorni, con oscillazioni in relazione al genotipo, alle condizioni ambientali e
all’epoca di semina.

La coltura predilige gli ambienti caldo aridi più che quelli di tipo continentale. Le esigenze idriche di
tale  specie, alla luce dei risultati della sperimentazione si può affermare che le precipitazioni
autunno- vernine consentono alla coltura di raggiungere livelli produttivi soddisfacenti.

GIRASOLE (Heliantus annuus L.)
Il girasole è una dicotiledone appartenente alla
famiglia delle Compositae. I Europa la produzione
si concentra soprattutto in Francia. Seguono la
Spagna e , a distanza, l’Italia
Morfologia e biologia della pianta
Il girasole presenta un apparato radicale
fittonante, con numerose radici laterali, capaci di
espandersi fino a 2 m di profondità. Il fusto è
provvisto di 10-15 nodi, ha portamento eretto e
presenta un’altezza variabile , in relazione al
genotipo e alle condizioni colturali, normalmente
compresa fra 1,5-  2,5m. Le foglie di colore verde
glauco, sono semplici, munite di un lungo picciolo.
L’infiorescenza terminale, unica, è un capolino (calatide) costituito da un ricettacolo disciforme
circondato da una doppia o plurima serie di brattee.
La fecondazione è allogama e porta alla formazione di un frutto (achenio), contenente il seme. Il
seme costituisce il 70- 75 % del peso dell’achenio.
Esso contiene:
  50- 65 % di olio con varia composizione acidica
  24- 35 % di proteine
Esigenze ambientali
Pianta originaria dei climi temperati  ha esigenze modeste. Può germinare a temperature molto
basse. Si adatta a diversi tipi di terreni (l’unica vera  esigenza è che il terreno sia profondo e con
buona ritenzione idrica).

I VANTAGGI DELLE COLTURE DA ENERGIA
Le colture utilizzate a scopo energetico, generalmente, richiedono pratiche colturali poco intensive
ed hanno importanti ricadute ambientali. In particolare tali colture possono contribuire:
  alla cattura/immobilizzazione della CO2;
  alla riduzione delle emissioni di gas serra; 
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  alla diversificazione colturale;
  all’incremento di energia da fonti rinnovabili;
  al contenimento dei consumi di combustibili fossili.
La biodiversità delle colture energetiche può risultare senz’altro incrementata dal fatto che nelle
colture da biomassa si tende maggiormente a evitare o limitare il ricorso agli erbicidi rispetto alle
coltivazioni tradizionali. Infatti la presenza delle infestanti nelle colture da energia è molto più
accettabile, tra  l’altro le stesse possono incrementare la stabilità dell’agro -  ecosistema, essendo
spesso ospiti o intermediari di insetti e parassiti e/o cibo per predatori. Altro aspetto rilevante
riguarda la riduzione degli impieghi di fertilizzanti e fitofarmaci, con   la conseguente diminuzione
dei rischi d’inquinamento delle acque sia superficiali che profonde.
Inoltre, per ciò che concerne i rischi di erosione nelle aree in pendio e nei terreni pianeggianti
particolarmente  sensibili e unanimemente riconosciuto che le colture poliennali da energia, sia
erbacee che arboree, ad alta densità d’impianto, costituiscono uno dei più efficaci mezzi di
riduzione del  fenomeno. La presenza pressoché continua della vegetazione sul terreno, che
costituisce direttamente una valida  copertura del suolo, l’incremento di sostanza organica negli
strati superficiali del terreno e l’effetto “mulching” prodotto soprattutto delle foglie cadute
annualmente, l’effetto di trattenimento delle masse terrose operato dagli apparati radicali
durante  i periodi maggiormente piovosi dell’anno, contribuiscono tutti a questa importante
funzione.
L’utilizzo delle biomasse a fini energetici può assumere un ruolo strategico per:
  ridurre la forte dipendenza dai prodotti di origine fossile;
  diversificare le fonti energetiche attraverso la valorizzazione e l’utilizzi di quelle autoctone
e non inquinanti;
  ridurre i costi di trasporto dell’energia elettrica tramite  una produzione decentrata e
diffusa;
  fornire un’alternativa produttiva al mondo agricolo, con miglio ramento della fertilità dei
suoli (aumento della sostanza organica) e della biodiversità;
Con i seguenti vantaggi:
  rinnovabilità della fonte energetica nel tempo;
  emissione globale di anidride carbonica nulla;

  riduzione delle emissioni si SO
2. I combustibili liquidi derivati da biomasse contengono
minime quantità di zolfo, riducendo conseguentemente il fenomeno delle piogge acide;
  riduzione delle emissioni di NO
x tramite temperature di combustione minori.

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